Ogni tanto piango per Lei

Ci sono sere come questa in cui mi ritrovo a piangere da solo come un bambino pensando che l’eredità di mia nonna, e con essa la sua memoria, mi è stata negata per diabolica superficialità. O per mia mancanza di coraggio. Per mesi non ho avuto il coraggio di entrare in quella casa dove l’avevo soccorsa quel maledetto giorno, mi colpevolizzo di non averlo fatto subito, di non essere andato a prenderlo coscente che a nessuno al di fuori di me poteva importare. Ma non pensavo che in quella frettolosa smania di “cestinare” e liberare la casa, avrebbero buttato via ogni cosa senza neanche avere la sensibilità e l’amore di guardare scrupolosamente cosa stessero per perdere. Così un’apparentemente inutile ed insignificante cartellina con dentro una manciata di fogli scarabocchiati è apparsa ai loro occhi come una delle tante scartoffie da cestinare senza indugio.

Io, ironia della sorte, per poter riavere e leggere quegli “scarabocchi” sarei disposto a dar via ogni mio avere. Era la storia dei miei nonni, la loro vita, che mia nonna aveva deciso di mettere per iscritto per raccontarla a chi come me le voleva un gran bene ma non aveva mai abbastanza tempo per mettersi a sedere su di una seggiola e dirle: “racconta, sono qui desideroso solo di ascoltarti e di conoscere la tua storia, la tua vita e chi eri prima di essere la mia adorata Super nonna Maria”. Pochi giorni prima che se ne andasse le avevo chiesto di leggermi qualche pagina. Scoprii così che conobbe mio nonno in treno, mentre scendeva a Salerno per rappresentare la famiglia ad un matrimonio, tra l’altro per puro caso in quanto già si trovava a Roma da dei parenti e quindi far scendere lei era sembrata a sua madre la scelta più semplice e congeniale; scoprii che non gli dette confidenza, ma il destino! …quelle parole lette da lei assumevano un sapore ancor più speciale e ascoltarla mi facenda sentire in pace e un po’ meno in colpa per non aver mai dedicato abbastanza tempo alle cose veramente importanti. E poi mia nonna, come del resto anche mio nonno, scriveva davvero bene ed era un piacere dilungarsi ad immaginare scenari così magnifici da sembrare vivi, descritti dettagliatamente, ma delicatamente, così ricchi di particolari da poterli sentire e toccare. Quasi da poter essere lì, con loro. Avrei voluto leggerlo tutto quel libro, anche se inconcluso, anche se in brutta copia. Sarebbe stato il suo ultimo e più prezioso regalo per me, io, un nipote disgraziato che la guardava schifato ogni qual volta voleva dimostrarmi il suo amore e aiutarmi regalandomi qualche soldino “non ho bisogno e non voglio niente da nessuno”; lei voleva aiutarmi e io le rispondevo malamente come se mi stesse offendendo (io ed il mio orgoglio del cavolo non abbiamo mai capito un tubo della vita). Per fortuna, da brava nonna, capì che poteva viziarmi a tavola o giocando una partita a carte con me per farmi felice, che non accettavo di buon viso i regali se non quelli che potessero essere condivisi anche con lei. Che la vista dei soldi mi faceva storcere la bocca, che invece dei fiori di zucca comprati magari con gli stessi soldi, ma fatti trovare su una tavola apparecchiata al mio rientro potevano invece strapparmi un sorriso: “grazie nonna! Però mangi anche te con me” e lei “ma sono le tre, io ho già mangiato mica potevo aspettare quest’ora, però a te li ho fatti ora ora, vieni subito e non farmeli freddare!”. E lì poteva dimostrarmi tutto il suo amore ed io avevo l’ennesima e scontata riprova di quanto immensamente mi voleva bene: da quel risotto alla zucca gialla (fatto con amore e solo per me perchè non piaceva a nessun altro, preparato al momento e ad orari imbrobabili perchè appunto “mica potevo mangiarlo freddo”), da quella partita a carte alle undici di sera nonostante fosse stanchissima e già con un piede a letto, dalla spremuta con lo zucchero ogni mattina, da quella telefonata per sentire a che ora sarei tornato, da quel “domani se vuoi vengo a Colle ad aiutarti a pulire la sala”, dal “mi fai vedere qualche foto?”, “ho visto la tuta aveva lo scudetto scucito, te l’ho sistemata”, “ti va se dopo vengo e mettiamo in ordine la tua stanza?”, “Luca mi fai un favore, una sera ce la fai a tornare prima a Firenze, si chiama gli zii e andiamo tutti insieme a cena fuori? Non ci sei mai”, da mille ed altre minuzie traspariva tutto il suo amore.
Io gliene volevo altrettanto, anche se non sono mai stato bravo ad esternarlo. Ma lei lo sapeva, lei lo sapeva che insieme al mio eroe erano le due persone più importanti della mia vita.

Quegli “scarabocchi”. Per quelle parole avrei trovato il tempo, le avrei volute tanto leggere ed illudermi così… di poter trascorrere ancora qualche ora in sua compagnia. E invece, mi resta solo qualche lacrima piena di ricordi dal sapore dolceamaro, capace comunque di strapparmi un mezzo sorriso mentre scende giù.

Non sai quanto manchi, la tua assenza è un vuoto incontenibile. Quando mi fermo un attimo, e penso, è la fine. Ed è disarmante, perchè non ci sei più… ma è così maledettamente manifesta la tua inconcepibile non presenza che, in certe sere come questa, io ti sento.
Mi piacerebbe fare un’altra delle nostre partite a briscola. Attenta, anche stavolta vinco io!

Ma poi verrà
il giorno che partirò.
Alla stazione verrai,
la mano tu agiti…
Ciao, ciao! Io sto per piangere
Ciao, ciao! Il treno va, io grido
Ciao, ciao! Non ti scordare di me
Ciao, ciao!
Ciao, ciao!
Ciao, ciao!

Visualizzazioni 34219 / 27760 utenti unici

© Inizio del Mondo • 2009/24 | Murana.it

Cookie Policy